Intervista del Commissario Andreoli e del Presidente di Bologna Passini al quotidiano on-line inCronaca
«Non è solo colpa delle bocciofile»
26 marzo 2020 di Federica Nannetti
Il virus si è insinuato, ancora una volta, tra i tavoli da biliardo, tra le bocce, tra le carte da gioco e sul bancone di un bar. Adesso a far paura è la bocciofila Avis di via Cremona che, con la sua storia, fa tornare subito alla mente il caso di Medicina. Hanno tanto in comune, a partire dalla potenzialità del contagio. Il nuovo allarme è partito all’indomani del ricovero del titolare del bar, con febbre alta e positività al Covid-19, due decessi confermati e un numero imprecisato di altri contagiati. Da qui la mobilitazione di tutti i circoli del circondario bolognese, che al momento non registrano però altri casi.
Ma per tornare al momento iniziale dell’epidemia è forse necessario riavvolgere il nastro fino a metà febbraio quando, proprio all’interno della bocciofila di via Cremona, si è svolto un torneo nazionale di biliardo a boccette. «Tra giocatori e tifosi ci saranno state almeno 300 persone, forse anche di più», ha commentato il presidente del comitato provinciale della Fib (federazione italiana bocce), Dino Passini. E ovviamente non solo bolognesi: «Sono arrivati partecipanti da tutte le zone d’Italia».
Il virus potrebbe dunque essere partito più di un mese fa, molto prima della chiusura dei campi da bocce e del bar. Come ha infatti spiegato ancora una volta Dino Passini, lui stesso ha inviato «una lettera l’8 marzo, chiedendo a tutti i circoli affiliati di chiudere i propri locali. E così è stato». Hanno cioè anticipato il Dpcm dell’11 marzo, ma la sospensione dell’attività federale, già estesa a tutto il mese di aprile, non ha impedito quelle collaterali: biliardo, sala carte e bar si sono prolungate ancora per qualche giorno, pur cercando di rispettare le restrizioni in vigore.
Dello stesso parere è il commissario straordinario Fib Emilia-Romagna, Maurizio Andreoli: «Spesso si parla di “bocciofile” indistintamente. Tuttavia è bene ricordare come i nostri campi si trovino spesso all’interno di varie polisportive. Ecco perché, come nel caso dell’Avis di via Cremona, questi luoghi hanno continuato a essere punti di aggregazione», zone di ritrovo per scambiare due parole o per fare una partita a carte.
L’aggregazione è probabilmente la loro linfa vitale, connaturata ovviamente anche nelle sue persone. «Il mondo delle bocce – ha continuato Maurizio Andreoli – è molto spesso associato agli anziani, ma in realtà al suo interno c’è molto di più. Ci sono i giovani, ci sono ragazzi e ragazze come gli juniors che hanno vinto gli ultimi campionati europei e ci sono anche tante persone diversamente abili».
Il non voler rinunciare alla propria routine è stato l’elemento determinante anche nel caso di Medicina: venuto alla luce i primi di marzo, è scoppiato in quello che è più precisamente un centro sociale.
Da tenere monitorati sono quindi tutti i luoghi di attrazione. Dino Passini, che conosce bene le dinamiche interne di una bocciofila, ne ha potuto affermare l’impossibilità di assicurare la distanza di sicurezza, ma lo stesso può dirsi per il bar di via Cremona. Tante le persone che quotidianamente, fino alla sua chiusura, si sono fermate anche per un solo caffè.
Uno dei tanti gesti abituali che oggi si possono solo ricordare. In una lettera alla comunità Fib, Maurizio Andreoli ha aggiunto anche altre piccole cose da non dimenticare. A volte «si discute, a volte si litiga, ma si sta insieme, si cresce insieme, si vive insieme. Quando questa libertà ci viene negata ci accorgiamo di quanto sia importante!»
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