Coppa Italia juniores: sei volte Roma!
Sei volte. Roma centra l’obiettivo Coppa Italia juniores dopo 12 anni dall’ultima, a Nuoro. Sei è un numero importante quando si parla di competizioni di questo tipo, specie quando i comitati provinciali più vicini sono a metà vittorie rispetto alle tue. Leggasi Macerata e Salerno. Insomma, Roma e il Lazio questa competizione giovanile ce l’hanno nel sangue, c’è poco da fare. Infatti, aggiungendo le affermazioni di Viterbo e Frosinone in una edizione ciascuno, ecco che il quadro di relativo dominio è completo. Il 30 per cento di questa manifestazione dal 1988 a oggi, è arrivato nella nostra regione, piazzamenti esclusi. Quella di quest’anno poi, ma magari si dice di tutte, è stata una vittoria dura, sofferta se vogliamo, battendo molte delle squadre migliori. In ordine di incontro: Salerno, Ancona (ai pallini con qualche strascico polemico di natura arbitrale da parte dei marchigiani), Milano e infine Cosenza. Una grande soddisfazione condivisa da tutti: giocatori, Tecnico, Dirigenti e pubblico. Una due giorni intensa che ha ripagato la tensione, le ansie e le aspettative di tutti. Capitan Di Bartolomeo (l’assonanza del cognome con il ruolo è inevitabile, anche per uno juventino come lui) è stato attento e affidabile lungo tutta la competizione. Una maturità di gioco e presenza in campo da far invidia a tanti colleghi più anziani di lui, senza alcuna sbavatura negli atteggiamenti. Daniele c’era sempre in campo, e si sentiva per compagni e avversari. Due set concessi su 8 individuali disputati, significheranno pure qualcosa. Accosto micidiale e percentuale in raffata elevatissima. Quando il leader della squadra è stato un pizzico meno “faro”, magari perché preso dalle proprie vicissitudini di gioco, ecco entrare puntualmente in scena il piccolo grande Antonino “Nino” Di Franco. Bocciatore naturale, in questa competizione Nino non ha mai avuto paura di tirare il calcio di rigore, come recita una famosa canzone di De Gregori. Anzi, quando ha potuto, ha tirato anche da fuori area. È stato schierato da mediano in terna e ha fatto addirittura il puntista a coppia. Senza battere ciglio, e alla grande. E non è il solito modo di dire dopo una vittoria. Ha giocato bocce decisive e spettacolari in bocciata, ma anche tenuto una buona media, efficace soprattutto, in accosto. Una roccia timida che ha fatto spesso pendere l’ago della bilancia in favore dei giallorossi. Buona anche la prestazione di Giuseppe Nicolai, puntista di terna affidabile e regolare, così come pure non ha fatto mancare il suo apporto in termini di quantità e a volte anche qualità Mirko Mastrantoni, tiratore di terna. Un capitolo a parte è invece quello dedicato a Elia. Per l’esattezza, Elia Di Bernardo Gagliardi. Mancino talentuoso, non ha brillato particolarmente, tanto da essere impiegato in diversi modi nel corso della manifestazione dall’oculato Tecnico Santolo “Lino” Nunziata (Rega), proprio per salvaguardarlo. In alcuni tratti sembrava anzi che la sua sostituzione, specie nella finale, fosse davvero alle porte e invece ci ha creduto Nunziata, e ha avuto ragione. Come spesso nello sport capita, è proprio lui a giocare la boccia decisiva in accosto nella coppia, quella che dà il set definitivo per la vittoria della Coppa. A posto così. Sapete poi un membro importante della formazione romana? Lorenzo Fedele, e guai a pensare a della facile ironia. Non ha giocato in queste fasi finali, ma la sua carica e il suo apporto di vicinanza in ogni momento ai compagni, non sono mai mancati. Di fatto parte integrante e rilevante dello spirito di squadra coeso. La classica “riserva” di lusso, ma partecipe. A orchestrare i ragazzi come una squadra affiatata e vincente, un tecnico che ormai comincia a spianarsi la strada anche per le squadre maggiori se… non giocasse! Nunziata tira fuori il meglio dai suoi ragazzi, è palese in ogni momento della competizione. Sa quando incitarli, bloccarli, farli ragionare, intimidirli anche, se necessario. Ha carisma da giocatore da vendere e lo sa, la sua presenza è importante per chi è fuori e dentro il campo. Mette insieme una formazione zeppa teoricamente di bocciatori e scarsa di puntisti ma alla fine, ancora una volta, ha ragione lui. Vigila e interviene sui campi appena nota qualcosa che non va o c’è qualche decisione complicata da prendere. Non ne sbaglia una in definitiva e se un pizzico di fortuna come sempre nelle vittorie, lo aiuta, di sicuro se l’è andata a cercare. Completa il team vincente il dirigente accompagnatore Antonio Cicconi, una vita spesa nelle bocce come arbitro ma non solo, che da figura esperta si vede e si sente soltanto quando necessario. Il Presidente del Comitato Provinciale Carlo Luzi alla fine gioisce e abbraccia i suoi conscio del grande risultato. C’è anche il suo di lavoro nell’arrivare a traguardi del genere e si merita una parte degli applausi allo stesso modo. Infine, una curiosità a suo modo rilevante nella squadra calabrese sconfitta in finale dai capitolini: Francesco Campisi è ciociaro come minimo di formazione boccistica. Il migliore di gran lunga dei suoi. Uno che da solo ha quasi impensierito i futuri campioni. Un altro piccolo pezzo di Lazio, perciò. Si torna quindi al principio: Roma vince la sesta Coppa Italia, e il Comitato FIB Lazio sentitamente ringrazia. (FF)