L'attesa
Se ancora qualcuno poteva dubitare del valore sociale del gioco delle bocce, credo che l’avvento doloroso del Covid 19, abbia spazzato via ogni dubbio. Mai come in questi ultimi giorni, sui social, al telefono oppure a debita distanza con mascherina, gli appassionati, indipendentemente dalla loro appartenenza categoriale, auspicano di poter tornare quanto prima a giocare nel rispetto delle norme di sicurezza, consapevoli che in Piemonte sussistono perplessità e prudenza.
L’attività agonistica riprenderà quando ci saranno le condizioni ottimali per farlo, ma tutti fremono nell’attesa. Il desiderio di poter incontrare nuovamente gli amici di sempre in bocciofila per riprendere il rito delle sfide, degli sfottò amichevoli non differisce certamente dalla voglia di tornare a gareggiare da parte dei più bravi. Manca il confronto, manca l’adrenalina della partita indipendentemente che si gareggi per un obiettivo importante oppure per un aperitivo prima del ritorno a casa. Le bocce, da sempre, hanno avuto ed avranno, un valore sociale inestimabile, in quanto sport capace di annullare distanze sociali, differenze di età e di genere.
Chissà quanti di noi, in questi tempi, avranno riscoperto la maglia sociale in un cassetto, oppure la borsa delle bocce in un ripostiglio, provando forte il desiderio di tornare sui campi, specie ora che la bella stagione sta arrivando portando con se un insopprimibile desiderio di evasione dopo un lungo periodo di limitazione forzata.
In passato si sono superati periodi difficili come questo che stiamo vivendo, con perdite umane dolorose, ancor più sentite in piccole “enclave” come lo sono i nostri circoli, le nostre società, dove ogni giocatore è un personaggio unico e irripetibile. Torneremo a giocare anche per loro guardando al futuro con ottimismo anche se all’inizio non sarà facile, perché nell’angolo più nascosto del nostro cuore, ci mancherà un gesto, una battuta, un abbraccio.
Torneremo
Carlo Currado