L'intervista: Quando la sfida nasce in casa: i fratelli Lumini, insieme nella vita e nelle bocce
Intervista di Pier Francesco Nesti per PianaNotize (www.piananotizie.it)
Nel calcio ci vengono in mente Frank e Ronald De Boer. O Filippo e Simone Inzaghi. Nel tennis, andando un po’ più in là nel tempo, Adriano e Claudio Panatta. Nella pallavolo Lucia e Caterina Bosetti. Poi c’è lo sci, con i gemelli Phil e Steve Mahre, o l’automobilismo, con Michael e Ralf Schumacher. Sono tanti gli sport che hanno visto dei fratelli per protagonisti. In Italia i più famosi sono stati Carmine e Giuseppe Abbagnale, pluricampioni nel canottaggio. In altre parole, quando la sfida nasce in casa. Nelle bocce, però, con ogni probabilità non era mai successo di incontrare due fratelli, entrambi vincenti: sono Fabio e Fabrizio Lumini, i fratelli delle bocce fiorentine, portacolori della Sestese, attualmente in testa al Torneo Fiorentino di Raffa 2000 (il primo, il maggiore, conduce nella categoria C, il minore nella categoria B), che si raccontano in questa intervista “doppia” realizzata grazie alla disponibilità di Claudio Costagli, di Federbocce Toscana.
Anche le bocce fiorentine, quindi, nel loro piccolo, non fanno eccezione, con due fratelli vincenti..
“E c’è anche un terzo Lumini – esordisce Fabio – ovvero nostro cugino Andrea, anche lui bocciofilo da sempre”. È il maggiore, Fabio, a iniziare il racconto: “Io e Andrea, entrambi classe ’68, abbiamo iniziato nel lontano 1976 presso la Misericordia di Rifredi, a Firenze, alla Virtus, dove c’erano due campi. A stimolarci fu lo zio Dino, padre di Andrea, che ci faceva giocare. Ci siamo appassionati e i giocatori più esperti ci hanno fatto da maestri, ci facevano giocare volentieri con loro, e così acquisivamo esperienza in un mondo in cui iniziavano a nascere le prime scuole bocce. Un vero corso? L’ho fatto negli ultimi anni da Juniores, all’Affrico”.
Che mondo era quello delle bocce giovanili di fine anni Settanta e primi anni Ottanta?
“Era un mondo vivace, pieno di ragazzini appassionati, anche grazie alla diffusione che i campi avevano sul territorio. Tanti campi, tanti giocatori, tanta voglia di giocare. Agli ultimi campionati giovanili a cui ho preso parte, a Chieti nel 1985, eravamo quasi 400”.
Prende la parola Fabrizio, che nasceva proprio nel 1976, quando Fabio iniziava a giocare:
“Seguivo mio fratello e mi sono appassionato. Lui e gli altri ragazzi delle giovanili mi hanno condotto e accompagnato in un cammino in cui mi sono tolto soddisfazioni: ricordo con piacere il titolo regionale conquistato a Grosseto nel 1988 e la gara nazionale vinta alla Casa del Popolo di Colonnata, oltre a un secondo posto con la rappresentativa giovanile Toscana a Terni nel 1989”.
Fabio invece quali risultati ricorda con piacere?
“Tra tutti il terzo posto al Trofeo della Liberazione di Scandicci, il 25 aprile del 1984, quando avevo 16 anni, assieme ad Ademaro Pasquinucci, all’epoca cinquantenne e oggi arzillo ottantacinquenne nostro compagno alla Sestese. Quella gara nazionale vide al via più di 256 coppie, fu un grande risultato. All’epoca era usanza formare la coppia giovane-esperto, per noi ragazzi era un modo per crescere”.
Fra i maestri che avete avuto ne ricordate uno in particolare?
“Lo zio Dino sicuramente, e Fabio Gazzaniga ai tempi della Scandiccese” afferma Fabio.
Cosa ricordate di quei tempi, dell’ambiente bocciofilo?
“La partecipazione, sia dei giocatori che del pubblico, le tribune piene, le voci animate fuori, il silenzio che accompagnava le bocciate. Anche noi ragazzi andavamo a vedere le partite di questo sport così popolare che coinvolgeva la comunità”.
A un certo punto però avete smesso di praticare?
“Diversi impegni ci hanno un po’ allontanato dall’ambiente. Io poi ho continuato a giocare a calcio ed era arduo conciliare, così a metà degli anni Novanta ci siamo fermati” dice Fabrizio. Aggiunge Fabio: “Ho sempre continuato a seguire, ma a distanza. Mi informavo sui risultati, seguivo gli amici, ma non frequentavo i campi per paura della nostalgia”.
Cosa vi ha spinto a ricominciare?
“Nel 2014 ci è tornata la voglia di riprovare. L’occasione è stata la nascita a Sesto Fiorentino del nuovo Bocciodromo, un impianto bello, moderno e funzionale, che ti fa sentire un vero atleta e ti stimola a giocare. Abbiamo ripreso e non abbiamo più smesso”.
Che ambiente avete ritrovato?
“Abbiamo ritrovato vecchi amici, ma anche molta meno partecipazione e coinvolgimento. Delle oltre 15 bocciofile che c’erano a Firenze e dintorni negli anni Ottanta ne sono rimaste poche. Ed è raro vedere sulle corsie i giovani, nonostante il lavoro che la Federazione ha fatto per valorizzare la disciplina e darle una veste spendibile per gli juniores”.
Come vi trovate a Sesto Fiorentino, alla Sestese?
“La Sestese è una bella società, guidata con giudizio dal presidente Silvano Baldi e gestita da persone competenti e appassionate che seguono con costanza gli atleti. Ricopre un ruolo importante per la comunità, di cui è punto di riferimento”.
Quale è la ricetta di due giovanotti sui cinquant’anni per portare i giovani a giocare?
“Continuare sulla strada della promozione scolastica, che la Federazione ha intrapreso, ma che ancora fatica a prendere piede forse per reticenza degli interlocutori, per pregiudizi. Eppure una partita a bocce prima o poi la fanno tutti, e tutti si divertono, forse non apprezzandone però a pieno i benefici” afferma Fabio. Prosegue Fabrizio: “Il gioco delle bocce, anzi lo sport delle bocce, è molto più che mettere una sfera vicino al pallino. È un gioco che appare statico, ma in realtà è molto dinamico: un giocatore nel corso di un torneo che dura una giornata percorre circa 10-12 km camminando. È un gioco che allena l’autodisciplina e la concentrazione che vanno mantenute a lungo per l’intera durata della partita e del torneo. Bisogna sempre esser presenti, e saper apprezzare le sfumature di un gioco sempre diverso, che offre situazioni e varianti infinite”.
Cosa vi spinge a continuare a giocare?
“Io mi diverto, mi metto alla prova e mi appassiono ancora. Da due anni sono sul podio al Torneo Fiorentino di cat. B, nel 2018 primo e nel 2019 secondo, quest’anno vorrei ripetermi” dice Fabrizio. “Molto semplicemente: quando gioco a bocce sto bene” conclude Fabio con lo sguardo “illuminato”.