La scomparsa di Gigi Riva ha sconvolto gli animi degli italiani e credo che rari siano coloro non abbiano avvertito una vena di oggettivo dispiacere per un campione assoluto, di cui è difficile stabilire la prevalenza della grandezza dell’atleta o dell’uomo.
Tutti conoscono le gesta sportive di Gigi Riva, la sua storia, il suo attaccamento alla bandiera nazionale, al Cagliari Calcio, i suoi principi inossidabili, la sua schiettezza, la sua solitudine, la sua depressione, ma pochi sanno che Gigi Riva è stato anche un appassionato giocatore di bocce, nei ritagli della sua carriera professionale, con cui ho avuto il piacere – dispiacere di scontrarmi (perché persi), quando giocò in coppia con Sergio-Bobo Gori durante una gara Nazionale facente parte di un trittico di competizioni organizzate a Cagliari nel lontano 1973 durante la cavalcata sarda.
Ebbene, nonostante fossi già un giovanissimo atleta in grado di competere con giocatori della categoria A, persi la finale di girone contro quella coppia di campioni di calcio e durante un colloquio nel 2006, in cui la FIGC era commissariata ed il Commissario Straordinario era Luca Pancalli, ricordai a Gigi Riva quell’episodio e lui ne fu talmente lusingato che, con l’estrema umiltà e timidezza che lo contraddistinguevano, mi parlò del suo approccio al gioco delle bocce e dei valori a lui tanto cari che esso racchiudeva.
Pertanto, il mio è un sincero omaggio ad un monumento dello sport italiano, da cui ogni atleta dovrebbe prendere esempio per ritenersi veramente tale